Segni di speranza
Paul Josef Cordes sui movimenti




Mons. Paul Josef Cordes presidente dei Pontificio Consiglio "Cor Unum", per dieci anni vicepresidente del Pontificio Consiglio per i Laici, autore di "Segni di speranza" sui movimenti ecclesiali (vedi riquadro grigio a destra), così si esprimeva in un'intervista messa in onda da Sat 2000 e riproposta da Caritas Insieme TV in occasione dell'incontro di Pentecoste a Roma.


Parlando con i fondatori dei movimenti ecclesiali si vede la profondità della Fede, la sensibilità per l'appello di Dio. E questo mi ha toccato. E forse è per tutti così. Si vede che Dio sta agendo nel nostro tempo attraverso degli uomini e delle donne che vogliono contribuire alla missione della Chiesa. Quelli che creano qualcosa di nuovo disturbano, non si integrano facilmente. Ma io penso con gli occhi della Fede: come ho scritto anche nel libro, si può scopertine/coprire che Dio agisce.

D: Alcuni osservatori criticano i movimenti perché tendono a chiudersi, quasi a fare Chiesa a parte.
R:
lo non accetto questo giudizio, che viene spesso da fuori, che i movimenti sono una Chiesa parallela o qualche cosa che si separa. Devono essere separati per un certo tempo, ma dopo vogliono tornare e lo fanno anche, questa è la mia esperienza. Ognuno deve dare a questi gruppi e movimenti un tempo per loro.

D: Il Cardinal Ratzinger nel suo intervento ha ammonito: attenti a non assolutizzare la vostra esperienza, il vostro movimento. Esiste questo rischio nei movimenti?
R:
Non si può dire "c'è solo una strada", e ogni membro di un movimento che dicesse "solo noi", si sbaglia. Nessuno può dire "solo noi", ma se uno è convinto e dice "io voglio condividere questa esperienza" e questo dà a lui un certo zelo, è una cosa buona. lo penso che viviamo in un cristianesimo troppo borghese, troppo piatto, non c'è entusiasmo, non c'è zelo; e così questi movimenti apportano queste cose, e questo può essere solo buono.